Collezioni "Origini" - Storia di una pandemiaAvere memoria delle proprie origini, è la base per imparare a capire da dove si viene, dove potremmo andare, qualità, modi di fare che ci sono stati semplicemente trasmessi geneticamente, di generazione in generazione. Tratti ereditari, gruppo sanguigno, anche malattie, predisposizioni a fare determinate attività piuttosto che altre, che ci sono state tramandate nell'impronta genetica del DNA e che inspiegabilmente, ci ritroviamo a voler riproporre come una vera missione nella vita. L'origine di ogni vita, di ogni persona, che non è peggiore o migliore di un'altra perché essendo unica, nessuno potrà mai quantificarne il valore o fare qualsiasi paragone.
(Slideshow, titolo e descrizione dell'opera sotto ogni foto. Inoltre si suggerisce l'ascolto dei brani strumentali riportati di seguito) [u[/u] |
"Guardami" Guardami, fermati, conoscimi. Lui è Marco un bambino con sindrome di down e spettro autistico, il mio secondogenito. Conoscere il nome di una persona, permette di creare un approccio relazionale con l'altro, prima che il muro d'inspiegabili paure, possa dividere la ragione dal cuore. "Guardami" getta luce sull'importanza di fermarsi e creare una relazione con il prossimo. Una volta superato qualsiasi tipo d'imbarazzo, timore, pregiudizio, il nome di qualcuno ti fornisce l'identità della persona che hai difronte e che va guardata, ascoltata come chiunque altra persona. Una persona con dei sentimenti, desideri, proprie capacità e abilità, voglia di vivere ed essere amato per quello che è e non come vorremmo o immaginiamo che fosse. Marco suggerisce continuamente questo tipo di attenzione visiva, per comunicare al mondo il suo "Guardami" io ci sono, io penso, io voglio, io amo, io soffro, io ho paura, io sono come te, io posso fare questo e quello, io sono felice, io sono qui come ci sei tu camminando insieme sulle strade della vita.
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"Non ti dimentico" "Non ti dimentico" mette in luce un aspetto importante di nonna Rosa, protagonista di questo scatto: un sussulto della sua anima ha catturato la mia attenzione attraverso uno sforzo espresso dello stringere forte i suoi occhi chiusi, per non voler dimenticare l'uomo che aveva tanto amato. Unico ricordo nitido infatti della sua vita, di cui lei è consapevole. È il ricordo che probabilmente ha dato senso alla sua intera esistenza, il punto d'inizio e continuità della sua piena felicità, che spesso rievoca nelle parole e che non vuole dimenticare nonostante i vuoti di memoria. Nel buio di quello che non ricorda, esiste un momento silenzioso nel quale Nonna Rosa e suo marito Michele s'incontrano, un attimo vivido, reale, vissuto di felicità, dove Rosa chiude gli occhi per sussurrare al marito "Non ti dimentico".
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"Le cose che contano" Le cose che contano nella vita sono davvero poche e Michelina l'ha inciso probabilmente nel suo animo, sulla sua pelle. La sua fede, la sua preghiera, le sue letture, le sue figlie. Michelina viaggia con lo spirito ogni pomeriggio seduta in veranda, immersa nelle sue letture e pregando con in mano il suo fedele rosario che mai abbandona. Vive di quegli spazi nell'infinito amore, portando con sè il pensiero delle sue tre figlie e del mondo intero. "Le cose che contano" sono visibilmente scritte sul suo volto sorridente, sereno, di chi ha lottato e vinto contro lo scoraggiamento,rimanendo perennemente grato alla vita, perchè ha sentito di essere amata da Dio.
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"Vorrei aiutarti" La vocazione di un sacerdote è quella di aiutare spiritualmente ogni suo prossimo, che non si limita allo scegliere di donare la propria vita per amore degli altri, ma anche ad accogliere la vocazione di chiunque chieda l'aiuto di Dio. "Vorrei aiutarti" è il pensiero sommesso di don Julian che ha vissuto la pandemia con sentimenti misti alla rabbia verso il male che incombeva, sgomento, stati d'impedimento alla possibilità di aiutare chi chiedeva aiuto e dirgli "Vorrei aiutarti" guardando purtroppo con dolore, le porte chiuse della chiesa. Con un libro fra le mani scritto da don Luigi Giussani, e in profonda meditazione, che don Julian ha voluto estrapolare una frase del libro salutandoci così: “L’unica via d’uscita è quella di riconoscere una realtà che viene prima di noi, prima di ciò che accade, prima del bene e del male che stiamo vivendo".
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"La mia vita felice" La vita di Maria è stata un'esistenza di "scelte" felici. Una vita ricca di arte, canto, musica, ballo che sin da bambina, appena dodicenne, ha saputo riconoscere in lei e permettere ad altri di notare, come il talento straordinario del canto lirico che apparve agli occhi del padre, un regalo del cielo. Maria ha calcato le scene di teatri, palchi e vinto concorsi internazionali in tenera età, quindici anni e ritratta nel quadro accanto a lei, per poi decidere incontrando l'amore della sua vita, sposandosi e con l'arrivo della prima figlia, di fare un'altra scelta, dare una svolta libera e inaspettata alla sua vita, per lei più cara: lasciare il palcoscenico e prendersi cura totalmente della sua famiglia, dei suoi figli. Esistono delle scelte fatte d'amore incondizionato che non tutti comprendono, non tutti hanno avuto l'occasione di vivere e sperimentare. Esistono infatti scelte fatte di "sì" e di "no" in cui si può decidere di fermarsi e impegnarsi a percorrere una singola strada ben precisa. Come la scelta d'amore di Maria verso i suoi figli, presente nella foto mentre le stringe la mano quotidianamente, poichè anche lui a sua volta, di "sua scelta", tiene a se prendendosene amorevolmente cura. Una scelta d'amore di cui Maria mai si è pentita, e che i suoi occhi raccontano perché sorridono guardando quelli del figlio, con il quale ritrova di tanto in tanto anche la gioia di cantare ma: soltanto con lui. "La mia vita felice" è la vita che indubbiamente, ha scelto Maria.
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"Andrà tutto bene" "Andrà tutto bene", questa è stata la frase che Sara con tutta la comunità cinese italiana, ha ripetuto sin dagli inizi del lockdown. Una frase che ripete spesso anche a se stessa, nella vita di tutti i giorni e che le da la giusta grinta di speranza. Una spinta a guardare oltre le difficoltà, senza abbattersi e credere nelle capacità di bene che ogni essere umano può infondere. Ed ecco come il grande cuore di Sara, le ha dato la svolta di acquistare dapprima una macchina per cucire e poi realizzare mascherine gratuite da regalare a chiunque ne avesse avuto bisogno. Un gesto d'amore quasi a voler ricucire quello strappo nei cuori di molti italiani, che ha fatto crescere in loro timori infondati verso la comunità cinese presente in Italia. Sara ha dimostrato che il mondo non è fatto di nazioni vuote senza nomi di persone, ma soprattutto e invece, di persone come lei, come chiunque se vuole, in grado d'illuminare e sovrastare con l'amore, qualsiasi ferita. Le lacrime o i sorrisi che Sara ha ricevuto dal prossimo, sono state l'ago e il filo del suo personale "andrà tutto bene". Confucio una volta disse: "Qualunque sia il posto in cui vai, vacci con tutto il tuo cuore". Ed è esattamente quello che ha fatto Sara.
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"Ai suoi occhi verdi limpidi come la sua anima" Il titolo che da il nome alla foto, è un estratto della dedicata che Giuseppe ha fatto scrivere nel libro della sua tesi di laurea. La persona a cui Giuseppe si riferisce, è il nonno Giuseppe scomparso alcuni anni fa e di cui ha ereditato non solo il colore degli occhi, ma anche la trasparenza di un'anima sincera, diretta e onesta. Giuseppe è uno dei tanti neolaureati che a causa del Lockdown, ha dovuto affrontare la discussione della tesi, attraverso una videoconferenza con i professori. Giuseppe ha vissuto attimi di delusione, sentimenti contrastanti sul cosa fare e come trasformare l'idea dei suoi sogni iniziali per un traguardo così importante, in qualcosa di costruttivo.
La vita è anche: decidere di voler affrontare le situazioni che si presentano, in un evolversi dei propri atteggiamenti, da negativi in positivi, da una condizione sfavorevole in un'opportunità. Giuseppe ha scoperto che nonostante un freddo computer lo dividesse dall'esporre la tesi lontano dai suoi interlocutori, e dagli amici, ha avuto l'occasione di riscoprire la serenità di stare a casa, circondato dai suoi familiari e da tanti amici collegati in chat, di un numero maggiore rispetto a quanti forse avrebbero potuto assisterlo dal vivo. Non sempre le cose nel nostro immaginario si presentano nella realtà, esattamente come ci aspettavamo. La misura del "meglio" sta in come si sceglie di vivere, accogliere certe esperienze. La dedica che Giuseppe ha scritto per il nonno sul libro della tesi, cattura chiaramente il suo cuore: "A mio nonno Giuseppe che continua a proteggermi sulla stella più bella che ci sia. Al suo modo di essere che è anche il mio. Ai suoi occhi verdi, limpidi come la sua anima. Al mio panico infame, alla gioia inattesa, a chi è ultimo e vale, alla croce che ho appesa". |
"Il frutto dell'amore" La famiglia di Marianna e Lazzaro, è composta da altre due persone, i loro figli: Giuseppe primogenito e Francesco il secondogenito, sdraiato sul divano e intento a rilassarsi fra i giochi che il fratello più grande gli propone. I due bambini che sono arrivati nella vita di Marianna e Lazzaro uno di seguito all’altro, dove Francesco è nato circa due mesi prima della pandemia, hanno dato prova di gioia, serenità, adeguamento nel periodo della quarantena, non facile da comprendere e accettare. E in altrettanto modo lo è stato per Marianna e Lazzaro che per primi hanno saputo trasmettere tranquillità ai loro bambini. Pensando poi che Giuseppe e Francesco improvvisamente, hanno dovuto adattarsi a delle videochiamate per poter rivedere soprattutto i nonni, i loro punti focali nelle giornate quotidiane passate. Le videoconferenze sono state un ostacolo in moltissime persone adulte, ancor di più nei bambini. Eppure Giuseppe e Francesco, come la stragrande maggioranza dei bambini rispetto a tanti adulti, hanno dimostrato che ritornare ad essere semplici come loro che niente chiedono se non di amare e di essere amati, è la lezione migliore che il Lockdown ci ha fornito e su cui “tutti” dovremmo davvero meditare.
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"Il miracolo dei miracoli" Si dice che la vita sia un miracolo. Si dice e di fatto, ci credo. Perché ogni vita nascente è un miracolo generato dall'amore di Dio. Il miracolo dei miracoli, si è presentato dinanzi ai miei occhi, vedendo, ascoltando l'incredibile storia di questa famiglia composta dal papà Sabino, con la seconda figlia Irene in braccio, il primo figlio Paimedi e la mamma Angela. Il miracolo dei miracoli è la vita di ciascuno di loro, uniti da una serie di miracoli che hanno reso l'intera famiglia, un vero miracolo.
Se vi dicessi che Sabino e Angela hanno dovuto aspettare nove anni, prima di poter riuscire abbracciare, adottare il loro primo figlio Paimedi? E se vi dicessi ancora che dopo tredici anni, Angela rimane incinta? Ma se vi dicessi che la loro bambina Irene, è venuta alla luce esattamente all'inizio del Lockdown?. La vita è un miracolo, e la vita di queste quattro persone, di questa miracolosa famiglia, ha scatenato il paradiso in terra. Dove il miracolo è stato più convincente, avvincente, disarmante contro qualsiasi sventura o aspettativa. Dove l’apparenza di un aspetto perfetto in una foto possa indicare l’illusione di una felicità che la felicità interiore, la semplicità preponderante del vissuto quotidiano senza artefici di questa famiglia, dimostra che invece di apparire felice, lo è per davvero. Sì, la vita di ogni persona che viene al mondo, è un miracolo. E se credi di essere un miracolo come hanno fatto loro, la tua vita vedrai, sarà un continuo miracolo. |
"Non ho il coraggio di tagliarmi i capelli, da quando li ho persi tutti" Questa è la storia di Carmela, una donna dal sorriso e temperamento allegro, davvero coinvolgente. Carmela è stata operata al seno a seguito di un tumore, e per le conseguenti cure di chemioterapia, perse tutti i capelli. Carmela avrebbe forse voluto dare un taglio significativo al passato, eppure piuttosto che tagliarlo, ha deciso di non farlo, lasciando che nessuno usasse più forbici sui suoi capelli. Una metafora significativa del suo vissuto. Esiste dunque una ragione non estetica al lasciar crescere lunghi i suoi capelli, e come ciò che in apparenza molte persone mostrano di sé, ha di certo un perché scritto nelle pagine dell'anima. L'unica cosa che Carmela taglia dei suoi capelli è la frangia, che ironicamente con il volto sorridente e uno spirito autentico di gioia, dice "La taglio soltanto perché mi va negli occhi".
Ricordo a tutti che, durante la quarantena, anche chi ha vinto una battaglia contro un tumore, ha avuto di contro una debilitazione delle proprie difese immunitarie, che le ha rese persone ad alto rischio da Covid grave. |
"Cappelli e foulard, alleati del mio combattimento" Ci sono tanti modi di perdere i capelli, come tanti sono gli atteggiamenti, le emozioni, dinanzi a qualcosa che sembra spogliare le proprie certezze, la propria bellezza, forse anche la femminilità nelle donne. Rosa che è stata operata per un tumore al seno, quando ha dovuto affrontare le cure post operazione, ha iniziato a perdere i capelli. Piuttosto che usare una parrucca, ha scelto d'indossare cappelli e foulard di ogni tipo, colore, forma. Difficilmente Rosa ha voluto utilizzare una parrucca, perché non riusciva a sentirsi totalmente a suo agio con sé stessa, con quell'immagine che pareva non combaciare perfettamente alla sua identità. Così come soltanto chi sa cosa significhi avere un corpo con una salute fragile, così Rosa ha vissuto gli stessi medesimi sentimenti durante il Lockdown, fra le pareti timorose del suo animo e quelle di casa sua.
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La tracolla salvavita" Lei è Ornella, una donna operata per un carcinoma alla mammella. Come ogni persona ha il suo modo di vivere, sperimentare vicende, malattie, la vita in generale, così anche i tumori al seno sono differenti, simili, diversificati da donna a donna. Da un corpo mai uguale ad un altro. Altrettanto la reazione ad affrontare le cure post operazioni, le stesse conseguenze ad un'operazione, cambiano di corpo in corpo. Di animo in animo. Di mente in mente. Delineando l'identità totale di una persona, fatta di tutti questi elementi messi insieme e collaudati a restare collegati l'uno all'altro, per il resto della vita. Come fra le persone di tutto il mondo. La tracolla definita da Ornella "La libertà da qualcosa a cui mi avevano legato", fa riferimento ai drenaggi dati dal conseguente intervento, che doveva portare con sé nella vita di tutti i giorni. La tracolla è stata la sua migliore compagna di avventure, il mezzo dal quale sentirsi ancora libera di essere indipendente, ritornare a fare una vita il più possibile equilibrata, rispetto alla precedente quotidianità. Questa è stata la sua personale attitudine al reagire ad un male che pareva volesse toglierle il sorriso, la sua vita, oscurare la sua anima ricca di luce. Ornella, mostrandomi con fierezza la sua tracolla salvavita, sa di essere riuscita a rialzarsi da quel male, gettandolo nel buio di quella borsetta, comprendendo di avercela fatta a ritornare ad illuminare il mondo, con la luce della sua totale bellezza in anima e corpo.
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"La mia nemica e amica" Esistono situazioni dentro le quali una singola persona, attribuisce la propria gioia o il proprio dolore, oppure entrambe le cose, ad un oggetto, velato dietro ad un desiderio, o ancora, accordandolo a qualcuno. Aldilà di tutto, c'è una ragione che spinge a farlo molto più profonda di quanto si possa pensare, tanto che, ripartendo da lì, si riesce ad imparare e capire una persona. Forse, essere in grado anche di sostenerla, essere mezzo nell'aiutarla a vedere ciò che magari non ha ancora visto del suo infinito interiore. Che definisco assolutamente, straordinario. Durante il tempo a contatto con Anita, mentre raccontava la sua esperienza di lotta contro un carcinoma, continuava ad accarezzare la parrucca che lei aveva indossato nel periodo di cura radioterapica e chemio. La prima cosa che mi ha detto è stata infatti che "mi ricordo quando me l'aggiustavo, prima d'indossarla". Il prendersi cura di quella parrucca, ha fatto chiaramente capire come lei volesse, avesse avuto bisogno di doversi prendere cura di sé stessa. Nella vita abbiamo sempre una scelta sul come voler affrontare la vita: scegliere di non soccombere al male lottando per il bene, oppure scegliere di farsi trascinare dagli eventi con il rischio di soccombere al male. Nel caso del bene, probabilmente questi atteggiamenti positivi non ne determinano necessariamente un esito di vittoria come umanamente immaginiamo o vogliamo, ma contribuiscono a realizzare qualcosa di veramente molto importante: cambiano il modo di vedere sé stessi, gli altri la vita, accogliendo con amore, il dono di sé stessi. Perché in coscienza, sotto le macerie di un dolore, comprendiamo che non esiste notte, senza l'alba di un nuovo giorno.
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"La volontà dell'anima" L'essere umano è incline ad una buona volontà. La mancata buona volontà, può rifarsi a differenti motivazioni, come il l'essere chiamato a fare una cosa piuttosto che un'altra, la poca generosità verso sé stessi e gli altri, l'insicurezza, e altre ragioni che però hanno un unico denominatore comune, e cioè: la paura di non essere in grado di amare e di essere amati. Alba non ha avuto timore di amare, né donare completamente il suo cuore al prossimo, perché ha conosciuto l'amore. È vero che dando che si riceve, però è pur vero che la buona volontà ha una parte predominante nello scegliere di fare il "volontario". Alba con le volontarie dell'associazione Andos, si mette a servizio delle persone che sono state operate di tumore, accompagnandole sia nella prima fase dell'intervento che, e dico forse, soprattutto dopo. Fare il volontario, è una scelta. Uno stile di vita che mette al centro la volontà di un cuore, che si sente grato dell'amore ricevuto a contatto con il prossimo, e che non riesce davvero a contenere. Fra tutti gli scatti fatti ad Alba, ho voluto scegliere di proposito questa foto come opera d'arte, dove il suo sguardo ancora una volta, si dirigeva nel rispondere a qualcuno che in quel momento aveva bisogno della sua buona volontà. La volontà della sua anima, mi è arrivata ancor prima che lei potesse raccontarsi.
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“Gli occhi, le mani, l'amore di chi vorrebbe salvare” Come agisce il tuo cuore? Questa è probabilmente la domanda che bisognerebbe chiedersi, prima di esprimere un pensiero verso qualcuno, aprire la porta al prossimo, uscire di casa incontrando gli amici. Perché la vita di una persona, non è sacra tanto per dire. La vita di una persona è sacra nella misura in cui tu credi "con tutto il cuore", che lo sia veramente. Gerardina è un'infermiera. Gerardina è stata e resterà comunque, un'infermiera anche dopo la Pandemia che, come anche qualsiasi altro medico, continuerà a compiere diligentemente, amorevolmente il proprio lavoro. Con la speranza e obiettivo di: poter vedere qualsiasi persona andar via dall'ospedale, guarita. Gerardina non si è mai sentita un'eroina durante il Lockdown, e questo è giusto pensarlo, provarlo in virtù del fatto che, come detto in precedenza, ciascuno prima di esprimere un pensiero, dovrebbe crederci "con tutto il cuore", e di conseguenza, metterlo in atto salvaguardando le altre vite con responsabilità. Basterebbe che ciascuno facesse con amore, semplicemente la propria parte. Come? Piuttosto che rendere eroi altri, fare con loro squadra. Gerardina ha visto spegnersi la vita di due suoi cari amici a causa del Covid, e nulla potrà mai sostituirne il dolore o le vite che a lei mancheranno. Eppure gesti semplici come indossare una mascherina, mantenere le dovute distanze, lavarsi spesso le mani, forniscono una ragione e una speranza che da questo male, ne usciremo più forti, senza mai più però, dimenticare. Piccole, sane azioni salvavita che rendono ciascuno, un membro del corpo umano globale, con l'unico fine di: realizzare il più grande atto eroico della storia del mondo, insieme.
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